di Filippo Briguglio
Salvatore Trimarchi, un cantautore che porta Messina in alto, ha le idee chiare: il successo insuperbisce i mediocri. Il futuro è tra i suoi progetti.
Quasi un milione di copie di dischi venduti, dei quali più della metà come autore, un entusiasmo convinto ma nello stesso tempo temperato dalla consapevolezza che non sempre la fortuna arride generosa, una simpatia immediata che scaturisce da modi schietti e naturali, un parlare franco, talvolta quasi ingenuo, semplice e, soprattutto, sincero.
Questo è Salvatore Trimarchi, cantautore di casa nostra, autore di quello che potrebbe essere considerato l’emblema della canzone messinese di questo ventennio: quella In fondo al viale, cantata dai Gens nel 1970 (250.000 copie di dischi venduti in tutto il territorio nazionale), rimbalzata sulle labbra e nella mente di tutti coloro che, allora, miscelavano i postumi della rivoluzione sessantottina a romantici balli della mattonella. Un motivo che ancora oggi la giovane generazione ha saputo apprezzare anche nella rivisitazione proposta durante l’ultima recente edizione della trasmissione televisiva di Canale 5 Una rotonda sul mare. Dunque, un successo, nato dall’ispirazione e raccolto, almeno dal suo autore, con la semplicità che lo ha sempre contraddistinto, quella che, allora, lo induceva a fermarsi tranquillamente a parlare, senza divismo alcuno, con chiunque lo avvicinasse anche per strada; e che rimane tra ciò che più colpisce di Salvatore Trimarchi, oggi quarantenne, ma ancora consapevolmente innamorato di quel «sogno giovanile di affermarsi nel mondo della musica, di fare l’autore ed il cantautore» come lui stesso dice, «che, poco meno che ventenne, mi porta a Roma con l’incoscienza che spinge a cercar fortuna e ad arrangiarsi pur di riuscire».
Ripercorrere gli anni dei primi passi è d’obbligo.
«Dopo il successo di In fondo al viale» racconta Trimarchi, «viene la prima esperienza con la CGD in veste di cantautore (titolo del disco: Due rose per Virginia / È solo una scusa) e la composizione di un testo per Olga Karlatos. Subito dopo avrei dovuto fare dei provini per partecipare al Festival di Sanremo con canzoni scritte di mio pugno ma, per una serie di circostanze non fortunate, questa occasione sfuma. Nel frattempo passo alla Philips Phonogram, grazie al felice incontro con il discografico Bortolli, che dimostra di credere in me sino al punto di assegnarmi uno stipendio fisso: sono proprio di questo periodo, tra le varie cose su cui lavoro, alcune canzoni per il cantautore romano Gianni Davoli, ma, soprattutto, la canzone Noi due insieme, che scrivo per Orietta Berti, con la quale la cantante è arrivata terza a Canzonissima».
Il momento sembra favorevole per tentare di realizzare definitivamente il suo grande sogno: fare l’autore – cantautore. E Trimarchi ci prova. «Mi sostiene Mara Maionchi, la stessa talent-scout di Gianna Nannini, discografica della Ricordi, per cui incido Siciliano nel 1980. È un disco di ispirazione autobiografica, che parte molto bene. Viene subito mandato in onda in tutte le trasmissioni radiofoniche di musica leggera; nella sola Milano e dintorni vende, appena uscito, oltre 70.000 copie, ma, a causa di una campagna di lancio mal condotta per mancanza di sincronia tra uscita, pubblicità e distribuzione, il disco viene diffuso male (tant’è che proprio a Messina, nella mia città, arriva addirittura quasi un anno dopo l’uscita, e in pochissime copie). Con questa canzone partecipo alla registrazione del programma televisivo I miei amici cantautori, durante il quale, accanto a nomi già affermati, sarebbero stati presentati al grande pubblico i cantautori più promettenti, tra i quali ci sono anch’io. È un’occasione importante; ma il caso vuole che, al momento di andare in onda, i dirigenti televisivi decidano di tagliare tutta la parte dedicata alle giovani promesse. La delusione, la rabbia, lo scoraggiamento sono tali, che subito dopo l’uscita, invero poco convinta e quindi poco sostenuta, di un LP dal titolo insolito, ma programmatico, Dalle nere fabbriche a respirar cemento ai verdi prati ad inseguire il vento, decido di abbandonare i miei progetti».
Appartiene a questo periodo l’amicizia che legò significativamente per parecchi anni Salvatore Trimarchi e Nino Frassica, allora agli esordi. Spettacoli musicali e cabaret, giorni e notti passati insieme sembrava dovessero cementare attimo dopo attimo un’amicizia destinata a crescere e a durare nel tempo e a consolidare, nello spettacolo, un binomio che aveva tutti i requisiti per esprimere ed esportare la sua messinesità in perfetta sintonia.
Le cose però non andarono come avrebbero dovuto. «Quando Frassica ha la grande occasione di partecipare a Quelli della notte» ricorda Trimarchi, «l’amicizia che fraternamente ci aveva portato sin lì comincia ad offuscarsi. Pur ricorrendo agli amici di sempre perché gli rammentino in quella delicata fase del suo esordio televisivo spunti, gag, battute, parole già provate, Frassica si dimentica di tutti noi: non un pensiero quando si sposa, non un’attenzione, non un tentativo di offrire la grande opportunità a chi il caso ha voluto meno fortunato di lui».
Non c’è polemica nelle parole di Trimarchi, né patetica autocommiserazione, bensì una grande amarezza non solo per l’amicizia finita, ma anche per la convinzione che avrebbe potuto esserci la possibilità di condividere ancora uno spazio comune, anche se gestito in quella piena autonomia che i loro ruoli, completamente diversi, richiedevano.
Cosa progetta, adesso, per il futuro Salvatore Trimarchi? E quali occasioni del suo passato pensa non siano state opportunamente sfruttate?
«Dopo le esperienze musicali e le buone amicizie, tra le quali quella con Ivan Graziani, che mi hanno professionalmente maturato, con l’unica riserva relativa a quello che sarebbe potuto conseguire da una maggiore collaborazione con i Gens, considerato il primo innegabile successo raggiunto insieme, adesso sto preparando un nuovo LP.
Collaborano con me i vecchi amici: Mario Ansaldo, chitarrista, tre anni di studio al Dams di Bologna alle spalle, proprietario e gestore di una piccola ma efficiente sala di registrazione a Messina, la Doctors’ Sound Recording Studio; Baldo, al secolo Natale Balducci, chitarrista; Egidio La Gioia, pluristrumentista, arrangiatore e adesso batterista dei Kunsertu; Dino Scuderi, ex tastierista dei De Novo; e l’ex chitarrista di Eugenio Finardi, Renato Villari, che ha aperto a Messina la Scuola di Musica Jimi Hendrix, nella quale insegna chitarra».
Una nuova occasione si presenta dunque per questi artisti di casa nostra, che cercano di realizzare i loro sogni, ben consci di possibilità e limiti, e nondimeno animati dalla volontà e dalla speranza di seguire fino in fondo quel “viale”, presagio di successo, che il veterano Salvatore Trimarchi aveva già cominciato a percorrere.
di Filippo Briguglio
“Parentesi” anno III n.12 – Gennaio/Febbraio/Marzo pagg.8/9- 1991
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