PREMESSA
L’idea di raccogliere in un volumetto i miei articoli pubblicati sui due settimanali storici di Messina, Il Soldo e La Gazzetta Jonica, mi evoca, come in un cortocircuito, antichi ricordi, quelli dei miei esordi di pubblicista, e il nome che mi viene in mente è quello di un caro amico, giornalista di grande esperienza e scrittore: il dottor Peppino Scrofani, attento osservatore e apprezzato critico, conosciuto e stimato nel panorama culturale della Città dello Stretto. Era solito leggere gli articoli che mi venivano pubblicati ogni settimana, e così cominciò a incoraggiarmi e a sostenermi, affinché io proseguissi in quel percorso che avevo iniziato per gioco, per il piacere di scrivere, senza alcuna velleità di legare questo mio bisogno di esprimermi a un obbiettivo concreto, come ad esempio quello di prendere il tesserino di giornalista pubblicista.
Tanti altri, in seguito, mi incoraggiarono a proseguire, dandomi dei preziosi suggerimenti; tra questi vi fu un giornalista della Nazione di Firenze, Giuseppe Mascambruno, che ebbi modo di conoscere a Vulcano – isola dell’arcipelago delle Eolie – nella banca dove io lavoravo, uno sportello estivo della Cassa Centrale di Risparmio V. E. Era il 1985, o forse il 1986, non ricordo con certezza. Con lui, che era lì in vacanza con la famiglia, sono rimasto in contatto epistolare anche negli anni successivi.
Sempre quell’anno, nello stesso luogo, nel mese di settembre conobbi Manola Stanchi, scrittrice, giornalista e traduttrice della casa editrice Mondadori, ospite nella villa di colore rosa, «La cornucopia», di proprietà dello scienziato cibernetico Silvio Ceccato, situata nella baia di Ponente, caratterizzata da una splendida sabbia nera. Con lei mi incontravo spesso la sera al molo, nei pressi del noto ritrovo Remigio, e ci intrattenevamo a parlare: lei del suo lavoro, degli scrittori che aveva conosciuto, e io dei miei autori preferiti, tra cui Pavese. Era interessata e quasi affascinata dall’entusiasmo con cui le raccontavo dei miei primi tentativi di scrivere delle cose mai pubblicate sugli autori contemporanei e dall’interesse che manifestavo per un mondo che apparteneva più a lei che a me. Mi prese a ben volere, tanto che diverse volte mi invitò a cena alla villa, cucinando dell’ottimo pesce alla griglia per me e per il mio collega, con il quale condividevo, oltre al lavoro in banca, anche l’albergo. Finita la stagione, una volta rientrata a Milano, Manola parlò tanto bene di me allo scienziato che l’anno successivo, i primi di luglio, quando Ceccato era solito ritornare sull’isola, sempre accompagnato da uno stuolo di affascinanti e coltissime ricercatrici, venne a trovarmi in banca per conoscere il bancario atipico di cui tanto gli aveva parlato Manola, e per invitarmi alla villa, dandomi così la possibilità di intervistarlo.
Finita la stagione, alla chiusura dello sportello estivo tornai in ser- vizio nella sede del capoluogo siciliano sullo Stretto, dove conobbi un giovane giornalista messinese, Antonio Prestifilippo, da poco assunto al Mattino di Napoli, con il quale feci subito amicizia. Gli feci leggere un’intervista che avevo fatto nel mese di agosto di quello stesso anno, in occasione di una breve vacanza nelle Langhe – precisamente tra Santo Stefano Belbo e Canelli – vacanza che avevo organizzato per incontrare Pinolo Scaglione, il vecchio amico dello scrittore Cesare Pavese, il Nuto della Luna e i Falò. Lui rimase molto sorpreso e lesse d’un fiato l’articolo, che gli piacque molto. Mi raccontò che anche il padre Silvestro, che era stato giornalista della Terza pagina del quotidiano Gazzetta del Sud, aveva tanto scritto sul grandissimo ma sfortunato scrittore, morto suicida nel 1950 dopo aver vinto il Premio Strega. Vedendo il mio entusiasmo, mi mise in guardia dal mondo del giornalismo, e mi consigliò di portare il pezzo al settimanale il Soldo, dove sarebbe stato sicuramente apprezzato. E fu proprio così: Adele Fortino, affermata e sagace giornalista professionista, che a quel tempo faceva le funzioni di direttore del periodico, se ne innamorò subito e, nonostante che il mio pezzo non fosse del tutto in linea col taglio del giornale, e malgrado fosse giovedì (il giornale doveva uscire il sabato), riuscì a inserire il mio articolo che, con mia grande sorpresa e soddisfazione, quel sabato comparve in edicola con il titolo: Da Nuto per Pavese. Da lì ebbe inizio il mio rapporto settimanale con la redazione.
Mi era venuta una mania quasi bulimica di scrivere.
Un anno prima avevo conosciuto il direttore de La Gazzetta Jonica, Pino Prestia, amico d’infanzia di un mio collega di banca, con il quale già avevo iniziato a collaborare. Lui stampava il suo giornale settimanale nella stessa tipografia Scuderi di Messina dove venivano prodotte anche le pagine del Soldo. L’incontro con lui avveniva di martedì pomeriggio quando, dopo l’uscita dalla banca, mi recavo in tipografia per correggere il pezzo che era destinato al suo giornale (mentre Il Soldo disponeva in redazione di propri correttori di bozze che provvedevano a quel difficile compito). A quei tempi non era ancora in uso il computer, i pezzi si mandavano su una o più cartelle dattiloscritte e poi il testo veniva ribattuto con la linotype, una macchina a tastiera per la composizione automatica di righe tipografiche di testo giustificate, ottenute mediante la simultanea fusione in un unico blocchetto di piombo di lunghezza standard. Era uno strumento affascinante. Così, con mia infinita gioia, presi a collaborare stabilmente con i due giornali.
Entrambi i direttori mi lasciavano scegliere gli argomenti degli articoli che mi commissionavano; mi chiedevano solo di comunicare la settimana prima il tema su cui avevo intenzione di scrivere. Tutti gli articoli mi vennero regolarmente remunerati e corredati da una bolletta con l’indicazione della ritenuta d’acconto.
Su suggerimento dell’amico Scrofani, richiesi il certificato di collaborazione continuativa ai direttori delle due testate, e così ottenni l’iscrizione all’Albo nazionale dei giornalisti, nella categoria pubblicisti. Avevo scritto per quattro anni prima di allora, e ne sarebbero bastati due; ma io considerai i primi due anni una sorta di percorso formativo all’esercizio della professione.
Ad accompagnarmi a Palermo il 25 marzo del 1988 a ritirare il tesserino presso l’Ordine dei giornalisti fu Peppino Scrofani, anziano d’età, ma con l’animo e l’entusiasmo di un giovane.
Ricevere il tesserino mi rese profondamente felice, più di quanto ricordo di essere stato al conseguimento della laurea, poiché quest’ultima era nei miei programmi, mentre il titolo di giornalista no. Sì, era stato un sogno di quando ero ragazzo, ma poi si sa: è la vita che ci impone il percorso. A soli 23 anni ero già dipendente della Cassa Centrale di Risparmio V.E. di Messina; poi seguii un ulteriore percorso didattico. Ormai non ci pensavo più. E invece…
E così, riprendendo in mano questi articoli, mi è venuta l’idea di dare ascolto all’amico Scrofani che, anni prima, mi aveva invogliato a raccoglierli in un libro, una sorta di miscellanea, tanto che mi aveva scritto una sua prefazione, – come diceva lui – a futura memoria. Mi espresse l’idea che ci sarebbe stato bisogno, prima o poi, di dare testimonianza di un percorso giornalistico da me svolto con entusiasmo e passione, e di conferire organicità ai tanti e variegati scritti che rappresentano una parte della mia storia, la cronaca di quei giorni vissuti tra emotività e formazione, ma anche una rievocazione di quei magnifici anni ’80.
“Cosa resterà di questi anni ’80?” cantava Raf. Eh, sì…! li ricordo come anni leggeri, colorati, temerari… perché ero giovane. Furono gli anni che riuscirono a farci dimenticare le difficoltà del decennio prece- dente. Non furono soltanto rose e fiori, ma di certo costituirono un’e- poca ricca di fiducia nel futuro e di grande spensieratezza. Anche se non mancarono i momenti di riflessione, nei quali, inevitabilmente, si tracciavano bilanci e si ragionava sugli errori precedentemente commessi.
Oggi mi tocca guardare con occhio nostalgico a tutto quello che mi sono lasciato alle spalle. E questo lavoro di assemblaggio degli arti- coli è riuscito a farmi rivivere le emozioni di allora, a riassaporare quei momenti e richiamare alla memoria le persone e i luoghi del tempo.
I 112 articoli che compongono questo volume sono stati collocati nell’ordine rigorosamente cronologico della loro composizione, riportando a inizio pagina unicamente il nome della testata che li accolse e la data di pubblicazione, tra il 1984 e il 1988.
Per amor di Storia, mi piace ricordare che il settimanale Il soldo è stato primo giornale d’opposizione di Messina. Le sue origini risalgono al periodo fascista, all’epoca in cui Ettore Lombardo Pellegrino aveva fondato il movimento del “Soldino”, l’unico programma dichiarata- mente antifascista del tempo, che fu causa della sua persecuzione da parte del regime, e che gli valse l’allontanamento dall’insegnamento e la perdita di ogni mezzo di sostentamento, che tuttavia accettò,
coerentemente con le sue idee. Oggi una centrale via cittadina ne ricorda il nome. Da lì nacque Il Soldo, che fu stampato per tanti anni quasi gratuitamente da Aurelio Samperi e diretto nel corso di oltre un decennio da direttori eccezionali, quali Giovanni Carabellò, Giuseppe Restifo, Franco Pirrone e infine Marcello Cimino. La testata divenne per la Città dello Stretto una fucina di giovani intellettuali che, negli anni successivi, avrebbero dato lustro alla propria città, nei più svariati campi: dal giornalismo all’insegnamento universitario, e in numerosi altri contesti professionali.
Filippo Briguglio
Prefazione
Succede oggidì di raccogliere in volume i propri scritti sparsi su vari giornali quotidiani e periodici. Non si è sottratto a questa tentazione Filippo Briguglio, vivace operatore di cultura e appassionato studioso di fatti economico-finanziari. Non per vanagloria, beninteso, ma mosso dal desiderio di storicizzare il proprio lavoro giornalistico e di destinarlo ad eventuali lettori (è da dire che molti sono gli estimatori di Briguglio lungo la riviera jonica siciliana). Il pregio dell’opera, a mio avviso, consiste principalmente nello studio approfondito di problemi che, nel quadriennio 1984 ~ 88, hanno contraddistinto la vita socio-politico-culturale italiana; non mancano, nella raccolta suindicata, articoli che riguardano particolarmente la realtà siciliana. Se pure gli argomenti trattati sono diversi, un filo conduttore li amalgama dando l’unitezza dell’insieme. La lettura del volumetto è facile, in quanto lo stile degli articoli in esso contenuti è brioso, chiaro, discorsivo. Un piccolo “scrigno”, dunque, per i cultori di storia patria di domani.
Peppino Scrofani
(Giornalista e scrittore)