SILVIO PAPALIA JERACE, SCRITTORE, POETA E BIBLIOFILO
UNA VITA PER RACCONTARE MESSINA
di Peppino Scrofani
Ottant’anni portali bene, una memoria lucida e vigile, un dinamismo che molti, giovani, gli invidierebbero: Silvio Papalia Jerace, scrittore, messinese puro, vive in volontario isolamento, dedito allo studio ed alle ricerche principalmente sulla nostra Sicilia, chiuso nella sua grande biblioteca piena di libri e dossier rigorosamente ordinati e ben custoditi. La sua è una vita tranquilla trascorsa nell’operosità, sia durante gli anni del lavoro che nelle attività dello spirito, improntata alla correttezza “sono sempre stato abituato a passare chiedendo permesso e non dando spintoni”, dice Papalia. Ascoltarlo è come rivivere un flashback sulla Messina dei tempi che furono. “Sono nato il 27 luglio 1910. Ho conosciuto un’infanzia felice, comoda. Mio padre e i miei zii erano comproprietari dell’Ospedale Psichiatrico Mandatari; infatti mio nonno paterno, avv. Pietro Papalia, era cognato del fondatore del manicomio, il Prof. Lorenzo Mandalari. Fui educato in Collegio, dai padri Salesiani, poi continuai i miei studi nelle scuole pubbliche e mi laureai in legge. Ho alle spalle un’attività quarantennale svolta al Municipio, per anni sono stato vicedirettore, prima, e poi direttore della Biblioteca Comunale Tommaso Cannizzaro. Ho sposato, felicemente, una donna maltese e ho sette figli, tutti ben sistemati”. Una esistenza dunque serena dove ha trovato ampio spazio la notevole attività letteraria, estrinsecata sotto molteplici aspetti di cui Silvio Papalia Jerace può ben andare fiero. “Il passato di Messina mi ha sempre molto interessato. Tutti i miei lavori sono gelosamente conservati in una cassa; tra essi i principali sono stati: “Storia Antologica della Letteratura Messinese”; “Storia del Teatro Mastrojeni e dello spettacolo a Messina (1909-1930)”; “Un quarto di secolo”, due volumi che trattano di personaggi e avvenimenti disposti in ordine alfabetico del periodo 1901/1925. Lavoro questo consultabile presso la Biblioteca Universitaria.” Anche la poesia ha trovato una sua dimensione. “Assieme alla Professoressa Dora Ilacqua ho condotto un lungo e complesso studio sulle ottave popolari siciliane raccolte dal poeta Tommaso Cannizzaro, per il quale ho dettato l’epigrafe sulla tomba. Ma ho scritto tantissime liriche; nel 1969 è stato edito a Firenze un mio volume dal titolo “Felice stupore” dove, alle poesie originali, fanno seguito traduzioni di liriche di Victor Hugo. Il testo francese di Hugo ed il mio sono come riflessi in uno specchio, risultato difficilmente raggiungibile. Ma il lavoro più cospicuo è stato il poema “Christion”, una stona della chiesa in forma polimetra, che tratta dei Santi come di perfetti imitatori di Cristo”. “L’opera alla quale tengo di più è, tra tutte, un’enciclopedia intitolata “Dizionario sacro siculo”, che tratta della storia della Chiesa di Sicilia e di Malia dalle origini (venuta di S. Paolo) ai nostri giorni; la Diocesi di Malta fino a metà del secolo scorso dipendeva infatti dalle Diocesi siciliane. In trent’anni ho compilato migliaia di schede; sono trattati tutti gli aspetti: storia, arte, folklore, letteratura, agiografia, chiese, monumenti, lo stesso non riesco a spiegarmi come abbia potuto raccogliere tanto materiale: ultimamente ho persino trascorso diversi mesi svolgendo ricerche nella ricchissima biblioteca dell’lgnatianum”. Non soltanto la letteratura, la poesia hanno polarizzato l’attenzione del nostro scrittore. “Ho svolto anche attività giornalistica, naturalmente ispirandomi sempre alla mia città. Ho conosciuto amici indimenticabili: il Cav. Peppino Ardizzone del Giornale di Sicilia. l’Avv. Augusto Martino, l’Avv. Italo Greco di Reggio, l’Avv. Rosario Pavoni di Catania che dirigeva il settimanale “Il Mediterraneo” e che mi aveva riservato una colonna in ogni numero dove potevo sbizzarrirmi a piacimento. Ebbi anche saltuari approcci con la Gazzetta del Sud, ma poi incontrai qualche resistenza e lasciai perdere”.
L’interesse verso la storia non si esaurisce con la dedizione a Messina. “Durante la guerra ho registrato gli allarmi aerei di Messina, segnando l’ora d’inizio e di line di ciascuno di essi: ciò tino all’agosto 1943. Traendo notizie preziose dal mio diario personale ho potuto pubblicare in due puntate un resoconto preciso di quel periodo. Girare per le biblioteche era poi la mia passione. Ero amico del Professore Giuseppe Sciarrone, bibliotecario dell’Università e poi docente dì lettere al Liceo Maurolico. Con lui, dopo la fine del conflitto, scendevo nel cosiddetto “terzo piano”, un piano cantinato, dove l’allora Direttore dell’Università Prof. Enrico Camagna, credendo di salvare i libri, aveva fatto murare le finestre. Insieme Sciarrone ed io ridemmo aria al locale; cosi potei esaminare migliaia di volumi dal sec. XV al XIX.
Per questo lavoro il Ministero mi riconobbe il merito di aver salvato sei incunaboli; ma molti volumi andarono perduti a causa dell’umido che li aveva ridotti a nere tavolette che si disfacevano tra le mani e bisognò fare un verbale di distruzione”. Non mancarono i momenti di aggregazione. E nacque “La Fucina”. “L’8 gennaio 1944 si riunirono nel salotto della mia casa alcuni letterati messinesi, quasi tutti oggi scomparsi; l’Avv. Giovanni Millimaggi col figlio Libero, il Dott. Umberto Polerà, la scrittrice Maria Busillo, il poeta Peppino Monforte Butta, Nino Ferraù, Tina Alaimo. L’Accademia fu viva e vitale per lunghi anni e realizzò importanti manifestazioni culturali in città ed in provincia. Poi, man mano che i fondatori vennero meno, anche l’attività andò languendo. Ci fu una forte ripresa nei locali della Società Operaia (Scuole Crispì) messi a disposizione dal Comm. Vittorio Di Paola, della quale furono animatori soprattutto l’Avv. Tino Giuffrida ed il Cav. Giovanni Russo. Dopo la loro scomparsa ho postato la mia Accademia a Roma, affidando la delegazione per il Lazio al barone Raffaele Marino, col quale abbiamo realizzato manifestazioni letterarie e d’arte di risonanza nazionale. Molte le collettive con un centinaio di partecipanti. Posso davvero ritenermi soddisfatto.
Silvio Papalia Jerace, scrittore, è un uomo molto naturale; con la semplicità con la quale si è realizzato nella vita ci ha tracciato uno spaccato di vita messinese dove i ricordi, i nomi, i fatti si mescolano e riemergono in un pout-pourrì di rievocazione e di informazione (per le nuove generazioni) che non degenera nella nostalgia, ma è omaggio ad un uomo serio e semplice.
Peppino Scrofani
“Parentesi” Anno II n. 6/7 Marzo 1990