Associazione Culturale Parentesi

Fondata a Messina nel 1989.- “Parentesi” Rivista bimestrale di politica, economia, cultura e attualità diretta da Filippo Briguglio. Reg. Trib di Messina 18/02/1989. Iscritto nel Registro Nazionale della Stampa con n°3127 Legge 5881 n° 416.

RIPRISTINATO A MESSINA IL CORTEO STORICO DI CARLO V

SPETTACOLO, COLORI E GRANDE FOLLA
di Bruno Villari


Alla luce del grande successo di pubblico impensabile anche per i più ottimisti, si può affermare senza perplessità o riserve che Messina, dopo ottantuno anni dal terremoto, ha riconquistalo il terzo pilastro delle sue tradizioni, la Cavalcata storica, la cui memoria fortunatamente, grazie alla documentata pubblicistica divulgativa ospitata dalla Gazzetta del Sud, era stata riconsegnata alla cittadinanza che ha potuto così accogliere la manifestazione come un ritorno familiare.
Dicevamo terzo pilastro delle tradizioni cittadine con tacito riferimento agli altri due, la Vara e i Giganti, la cui tradizionale passeggiata, ripristinata insieme alla Cavalcata durante le feste di Mezzagosto del 1926 non si e più interrotta.
Dunque la Cavalcata si è rifatta in un clima di attesa. Ma si sentiva nell’aria anche un pizzico di curiosità e di circospezione dovute probabilmente a certe recenti esperienze di “restituzioni” inquinate di ogni sorta di aggiunte e integrazioni arbitrane che nulla avevano a che fare con la tradizione.
Quando la mattina del 29 ottobre i gruppi di alabardieri, archibugieri, tamburini e cavalieri hanno raggiunto il piazzale del corteo, in via Catania presso l’angolo nordoccidentale di villa Dante, hanno avuto la sorpresa di trovarvi tanta gente in attesa, la gran parte provvista di cinepresa e fotocamera.
Era il primo tonico della giornata per ragazzi che si erano levati alle 4 per essere ligi alle disposizioni della graziosa ma severissima Katia Lo Presti che insieme agli altri giovani della cooperativa Antheus li attendeva tutti quanti alle 5 presso l’Istituto per l’infanzia di via S. Paolo, luogo prescelto per la vestizione. Sul posto c’erano anche alcuni componenti del comitato Pelorias, funzionari dell’assessorato provinciale alla pubblica istruzione e dipendenti dell’Istituto Tutti hanno fatto qualcosa per aiutare i ragazzi a infilarsi i costumi e “armarsi”. Sono quelli i momenti in cui si misura il polso dell’entusiasmo. E quella mattina pulsava come una mitraglia. Alle 8 in punto i ragazzi erano tutti pronti a dare spettacolo delle uniformi coloratissime e delle armi portatili realizzate dalla sartoria Mario Savant Ros di Pagliara.
Posavano per fotografi e cineoperatori con l’aria di chi ostenta l’orgoglio di partecipare da protagonista e nello stesso tempo malcelata l’ansia di fa re bella figura.
In mezzo a loro si aggirava il capitano Pasquale Romano, incaricato dal Comandante della Brigata “Aosta”, generale Amedeo Sturchio e dal Capo di Stato maggiore ten. col. Donato Mauro, di soprintendere alla preparazione della “soldatesca” e sorvegliare sulla buona conduzione del corteo.
La Brigata “Aosta” aveva anche autorizzato gli organizzatori a impiegare nel corteo sei militari trombettieri, sei tamburini e trenta palafrenieri, tutti impeccabili per disciplina e impegno.
L’attesa della partenza aveva messo un certo pizzicorino anche ai poderosi cavalli del circolo ippico. La Palma che portavano in groppa un gruppo di cavalieri spagnoli del seguito di Carlo V. Qualcuno di essi non riusciva a contenersi e, facendo rizzare i capelli a molte persone, si dava a scalciare di santa ragione che non sembrava volersi stancare.
Come Dio volle il corteo si muoveva con oltre un’ora di ritardo e fin dai primi passi si è trovato compresso da due ali di folla assiepata e raggiante.
Il sole quel giorno aveva fatto piazza pulita di tutte le nubi e picchiava alla grande.
In testa al corteo prendevano posto due cavalieri e due amazzoni della Polizia, metà del distaccamento di Catania e gli altri di Roma in servizio antisequestro sull’Aspromonte. Com’era prevedibile questa presenza ha dato più prestigio alla manifestazione ed è stata gradita dalla cittadinanza.
Li seguivano i sei tamburini che scandivano il passo cadenzato del centinaio e passa di alabardieri, archibugieri e porta insegne in mezzo a cui cavalcava Carlo V, al secolo Rino Raffa, in sella al baio Nababbo dei fratelli Bruno e Guido Nasisi. Accanto all’imperatore cavalcavano fieramente, in sella a due eleganti grigi, due nobili con bandiera. Uno di essi era Francesco Molonia, grande appassionato di cavalli, noto ai messinesi per la sua scuderia di grigi e la ricca collezione di carrozze e tiri d’epoca.
All’incrocio di viale Europa, dove una volta c’era un ponte sul torrente Camaro che dava alla località il toponimo di Ponte Zaera, la sceneggiatura proponeva sei trombettieri su una pedana, un gruppo di cavalieri messinesi in attesa (cavalli e cavalieri appartenevano ai circoli ippici Sperone e Due torri) e una chiassosa folla di popolani con bandiera, guidati dall’attore Gianni Pellegrino che aveva il compito di fare il banditore-tamburino.
Dietro di loro un carro triangolare con Trofei d’armi, tirato da sei frastornati e divertiti ragazzi dello Sri Lanka, capitanati dal gentile e sorridente Christie. Avevano il ruolo dei prigionieri mori catturati a Tunisi e portati via insieme al bottino di guerra.
Squilli, sbandieramene, rullo di tamburi, grida di evviva, movimenti scenografici di uomini e cavalli, animavano questa fase della Cavalcata che simulava il primo incontro di Carlo V con la città.
Tutta questa variopinta schiera si è inserita nel corteo e si è andati avanti passando a Largo Avignone sotto il primo dei cinque archi trionfali realizzati dalla ditta Kil di Giuseppe Chillé su disegni dell’architetto Nino Principato autore anche dei disegni dei costumi. Sull’apice della trabeazione di quest’arco si poteva ammirare una statua della Vittoria alata. Tutti gli apparati, realizzati su telai di ferro e legno, con foderature di compensato e cartapesta, sono stati disegnati sugli originali di Polidoro Caldara conservati al museo di Berlino e pubblicati per la prima volta dal Cassirer e successivamente dal Marabottini.
Procedeva il corteo fra due ali di folla mentre uno sciame di fotografi e di cineoperatori si infilava in tutti i varchi, spesso a portata degli zoccoli dei cavalli, con grande cruccio di Andrea Bambaci, abile organizzatore il cui impegno, spinto fino ai dettagli più minuti, ha reso possibile lo svolgimento regolare della manifestazione.
Imboccava la via Porta Imperiale, cioè Antonino Martino, l’ottimo sindaco a cui di recente è stata intitolata metà della via Porta Imperiale con un criterio non molto ortodosso, il corteo si è fermato in piazza Francesco Lo Sardo, altro ottimo cittadino a cui l’apposita commissione ha dedicato piazza Del Popolo nel pieno rispetto dei molto discussi criteri adottati in questi anni dai grandi saggi della toponomastica cittadina a cui i posteri saranno debitori, fra l’altro,
dell’equa ripartizione di piazza Università fra Carducci, Masuccio, Maurolico e Pugliatti.
Al centro di piazza Lo Sardo era stato alzato un palco su cui avevano preso posto lo stratigò, interpretato dall’attore Nunzio Barbera, sei senatori, anch’essi attori, e sei allampanati studenti alti come canne che in qualità di Gentiluomini facevano cornice nella parte superiore.
Appena è arrivato il corteo, in mezzo ad una ressa che ricordava le prime feste del dopoguerra, lo stratigò è scattato in piedi dallo scranno stratigoziale, ha srotolato una vistosa pergamena e impettito come richiedeva l’alto rango, ha letto il lungo elenco di privilegi di cui godeva la città con l’invito all’imperatore di riconoscerli e ampliarli. Poi tutti e sei i giurati hanno letto la loro e infine si e passati all’offerta di un donativo di monete d’oro che ha sollevato lo sdegno di alcuni burberi ma rispettabili cittadini che m quel gesto hanno letto le cose peggiori che si potessero pensare dei loro concittadini di quel tempo, tacciati, dopo quattro secoli e mezzo, di servilismo e vocazione a fare da stuoia. E tutto questo lo hanno voluto scrivere per essere dato alla stampe affinché rimanesse traccia del loro sdegno.

Ma torniamo alla dimensione festaiola della Cavalcata lasciando queste dispute ai fustigatori postumi.
E riprendiamo il corteo alla fine della via Porta Imperiale, m piazza Carducci o forse Masuccio. Qui i messinesi erano convenuti da ogni parte per assistere all’incontro di Carlo con il clero cittadino, un centinaio di rubicondi ragazzi in abiti francescani, domenicani e benedettini che con molta compartecipazione facevano da corona ad un gruppo di elegantissimi alti prelati, bambocci come loro, al riparo di un baldacchino scarlatto: nel gruppo spiccavano l’arcivescovo La Lignamine, con la faccia paffuta e rosea di un ragazzone di primo pelo, un protopapa altrettanto paffuto e un’archimandrita dagli occhioni di bambolotto.
Davanti a loro piegava il ginocchio il grande imperatore dalla barbetta grigia. Finito questo cerimoniale qualcuno doveva portare alla briglia il grigio andaluso donato dai messinesi, e l’imperatore, alzatosi dalla posizione genuflessa, doveva andargli incontro e montargli in groppa.
Ma, ahimè, Manolo non si vedeva arrivare da nessuna parte e l’imperatore non sapeva come riempire dignitosamente questo imprevedibile vuoto. Se la cavò standosene ritto e immobile salutando e sorridendo come si conviene a un monarca osannato. Ma i minuti passavano, la calca cresceva e lo spazio del corteo si era ridotto a pochi palmi. I cavalli con la folla a ridosso cominciavano a dare segni di inquietudine e gli organizzatori sudavano chicchi di grandine.
Dov’è Manolo? Cercate Manolo!
Ma quando tutto sembrava perduto e già si pensava ad un altro cavallo grigio che lo sostituisse, ecco spuntare lo spaventatissimo Manolo, che poi si seppe non ne voleva sentire di scendere dal van perché non aveva mai visto tanta gente.
Finalmente tra una carezza e una parolina all’orecchio del padrone, il dott. Rocco Familiari, Manolo si decideva a entrare attraverso il piccolo varco che a forza di grida e di preghiere gli agenti riuscivano ad aprire tra la folla.
Una volta dentro e quando Carlo gli è saltato in groppa, il cavallo si è rinfrancato. Allora ha cominciato a esibirsi in quel maestoso ancheggiare dei cavalli andalusi che rassomiglia ad una parata militare scandita da un’orchestra di chitarre e nacchere. E la gente applaudiva.
Cosi tornava il sorriso anche sul volto accigliato di Walter Manfrè, giovane regista teatrale di iconosciuto talento, che si è cimentato in una manifestazione non facilmente controllabile come lo sono quelle di palcoscenico e che poteva costargli una parte dell’ottima reputazione di cui gode.
Viceversa questa prima esperienza di regia su masse non professionali in uno spazio aperto e mutabile come le strade di una città, è un altro successo della sua carriera.
Mentre Manolo caracollava piegando il poderoso collo a mo’ di cigno, e tutto si rimetteva in movimento verso la via Cavour passando sotto l’ultimo dei cinque archi trionfali, Tutti notarono un gruppetto di persone in mezzo al corteo che marciavano sorridendo come a una passeggiata domenicale.
Erano il presidente delle Provincia Giuseppe Naro, l’ assessore Giuseppe Pracanica, Il consigliere comunista Giuseppe Messina e altri consiglieri di vari gruppi del consiglio provinciale a cui va il mento di avere approvato l’iniziativa della Cavalcata proposta dal Comitato Pelorias, presieduto dall’infaticabile Vincenzo Pugliatti e portata avanti con entusiasmo dallo stesso comitato che ha curato l’insieme delle componenti dell’intera manifestazione e collaborando con i funzionari dell’assessorato provinciale alla pubblica istruzione Maria Maiorana, Angela Pipitò, Annamaria Randazzo e Pippo Previti che si sono fatti carico di un torrente di adempimenti che avrebbero schiantato la resistenza di una squadra di portuali.
In piazza Duomo sembrava di essere convenuta tutta la cittadinanza che si aspettava di assistere alla prevista conclusione dell’ingresso in cattedrale di Carlo V in omaggio del uale la corale “G. P. da Palestrina” avrebbe eseguito un particolare Te Deum di antica tradizione siciliana trascritto per l’occasione dal maestro Eugenio Arena. Ma all’ultimo momento l’arcivescovo ha fatto sapere
all’assessorato che l’idea non era praticabile per ragioni di incompatibilità della manifestazione con l’ambiente sacro della cattedrale.
La regia aveva modificato la conclusione prevedendo uno schieramento a quadrato sulla piazza che la calca non ha consentito di realizzare.
L’ultimo atto della manifestazione sarà la stampa, per i tipi della Edas, di un’ampia monografia sull’argomento, redatta dai componenti il comitato Pelorias, su progetto grafico di Piero Sacca, autore anche del manifesto ufficiale della Cavalcata, dipinto ispirandosi a note opere di Tiziano e Antonello da Messina. ■

Bruno Villari
Parentesi, anno I n.5 novembre/dicembre 1989

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