Associazione Culturale Parentesi

Fondata a Messina nel 1989.- “Parentesi” Rivista bimestrale di politica, economia, cultura e attualità diretto da Filippo Briguglio. Reg. Trib di Messina 18/02/1989. Iscritto nel Registro Nazionale della Stampa con n°3127 Legge 5881 n° 416.

“Parentesi” I nostri reportage – Comune di Roccella Valdemone Provincia di Messina

“Paese mio che stai sulla collina”

Sorge all’apice della valle dell’Alcantara, arroccato sulla montagna.
Boschi, il torrente, antiche chiese, aria genuina ricreano la magia di sapori antichi e spazi incontaminati

di Filippo Briguglio

 

 

“Se tu, scorrendo le falde settentrionali del Mongibello da Randazzo a Francavilla, giungi là, ove l’Alcantara, limite all’annerite lave, s’ingrossa per le acque d’altro fiume, e ti addentri in quella vallata lunghesso fiumana, a tre miglia e mezzo di distanza trovi la Roccella tra il grado 38 e 40 long. 37 e 45 lat. Fabbricata su di una scoscesa rupe a quando a quando inclinata, presenta nella sua figura pressoché un triangolo. Dalla parte di oriente si leva una roccia ripida che vi sta a cavaliere, mentre coll’antico castello già edificato da verso l’occidente sopra un promontorio, par che chiudano in mezzo l’abitato. Da tramontana in lontananza vi fan corona le colline che la dividono dai territori di Floresta e Montalbano. A mezzogiorno poi maestosamente bello a vedersi, vi si para innanzi l’Etna potente, che quasi piramide innalza la sua cima”. Questa la descrizione fatta nel 1855 dal dottor Luigi Genovese Camarda nel suo libro “Su Roccella Valdemone. Parole”.
Oggi non esiste più il castello, ma giungendo da valle lo scenario è pressoché immutato.
Il paese, caratteristico con le piccole vie (dette vanelli) sulle quali si affacciano abitazioni recenti e alcune delle vecchie caratteristiche case, strette, a due o, talvolta tre piani con finestre piccole e una porticina a vetri, è suddiviso in cinque quartieri, così descritti da Gaetano Vecchio, messinese, nella recente pubblicazione “Roccella Valdemone, che paese è?” pubblicata a cura dell’Amministrazione Comunale di Roccella: “il primo quartiere all’entrata del paese detto del Cimitero, situato verso est, insieme all’altro quartiere che si trova più in alto, verso nord, detto a cruci, è situato proprio ai piedi della grande roccia.
Lo stradone principale, di circa 200 metri, che dall’entrata porta al centro del paese, dapprima costeggia lateralmente il caseggiato esposto a levante e poi penetra verso il centro per terminare nella piazza principale da cui il quartiere circostante prende il nome: u quarteri ra chiazza. Il gruppo di abitazioni situato a ridosso della piazza e verso ponente forma il quartiere u baglittu (N.d.R. piccola piazza circondata da abitazioni). E infine l’ultimo quartiere situato verso sud-ovest proprio a cavallo di questa rupe detta u castellu prende il nome della chiesa ivi situata: Santa Maria”.
Origini e storia
Fu anticamente chiamato Auricella o Rocchella, quindi Roccella-Randazzo ed infine Roccella-Val Demone per distinguerlo da un’altra Roccella (l’attuale Campofelice vicino Cefalù).
Il ritrovamento, nella prima metà del secolo scorso in territori adiacenti a Roccella, di monete del periodo greco-romano, fa supporre, già all’epoca, insediamenti umani, anche solo in cerca di rifugio tra i monti.
Certamente i luoghi erano già abitati all’arrivo dei saraceni.
Successivamente, dai tempi della dominazione normanna, con l’avvento del sistema feudale in Sicilia anche la terra di Roccella divenne concessione feudale e fu divisa in feudi, dati come ricompensa ai baroni che avevano prestato i loro servizi, e dei quali le contrade, in cui tutt’oggi è diviso il territorio, sono antica testimonianza: a nord Cassanita, Masinaro, Nocerazzo, Perino, Pillera, Rovocato; a sud Bonvassallo (in cui a differenza delle altre esiste ancora la borgata), Germanà, Pecoraro, S.Giovanni; a est Daniele; a ovest Pietrorizzo , Lanzarite.
I primi signori feudatari di Roccella furono gli Spadafora, anticamente Spatafora, che iniziarono la loro baronia sembra nel 1296 con Damiano Spatafora e sia pure con interruzioni in epoche diverse e con la dominazione alterna dei Lauria, ne mantennero il possesso sino al 1812 quando, essendo marchese di Roccella Domenico Spadafora Colonna ultimo feudatario della nobile famiglia, il parlamento abolì il feudalesimo.
Il progenitore della antica famiglia sembra sia stato Basilio, pronipote di Basilio I imperatore d’Oriente, capitano delle Guardie di Palazzo sotto l’imperatore Costantino e Protospatario, cioè portatore in pugno della spada sguainata durante le cerimonie solenni. Da qui il nome Spadafora e lo stemma, un braccio armato che tiene una spada, tramandato nei secoli e tutt’oggi raffigurato nel gonfalone del comune.
Tra i rappresentanti degni di nota della nobile famiglia citiamo: Domenico Spatafora, nato nel 1450, frate domenicano che dedicò incondizionatamente la sua vita al prossimo tanto da meritarsi, dopo la morte, la grandissima devozione dei fedeli ed il riconoscimento, nel 1921, di Beato; Giovanni Michele Spadafora che, volendo farne omaggio alla terra di Roccella, il 13 ottobre 1526 commissionò al Gagini un’effigie marmorea uguale a quella della chiesa di Santa Cita a Palermo, e della quale si dirà più avanti.
Altro fatto storico degno di rilievo fu la questione del comune di S. Domenica, costituitosi a poco a poco autonomamente dopo la vendita dei feudi di S. Domenica, Porrito, Pozzoleo e Juncarà Soprano, facenti parte del marchesato di Roccella, fatta da Francesco Spadafora Crisafi a Sebastiano Pagano, messinese, tra il 1629 e il 1631. Pur essendo baronia autonoma S. Domenica continuò a dipendere spiritualmente da Roccella: battesimi e matrimoni venivano infatti annotati nei registri parrocchiali di Roccella; e questo avvenne sino al 1776 quando la chiesa di S. Domenica fu elevata a sacramentale col diritto, quindi, di amministrare i sacramenti. Inoltre quando nel 1812, con l’abolizione del regime feudale, anche il paese di S. Domenica avrebbe dovuto costituirsi in comune, poiché si ritenne che non fosse in grado di amministrarsi, esso fu unito, come sotto-comune, alle dipendenze di Roccella. Soltanto nel 1856 S. Domenica riuscì a farsi riconoscere la propria autonomia e a staccarsi da Roccella.
Le chiese
Numerose furono le chiese erette a Roccella, testimonianza questa di un acceso devozionismo. Di esse oggi rimangono la chiesa di S. Nicolò (Chiesa Matrice), la Chiesa di S. Maria dell’Udienza, la Chiesa del Carmine, la Chiesa di S. Michele, la Chiesa del Calvario.
La Chiesa di S. Nicolò, attuale chiesa parrocchiale di Roccella chiamata “a matrici”, fu costruita intorno al 1400. Sorge nella piazza del paese dominata dall’alto campanile. L’interno è di stile romanico: a tre navate con transetto, tre absidi rettangolari, dodici colonne monolitiche in pietra arenaria con capitelli di stile corinzio ed il soffitto ligneo, rifatto nel 1935. La chiesa venne restaurata nel 1525 come si deduce da due scritte in lingua latina ancora oggi visibili sui lati dell’altare maggiore. Gli attuali intonaci, testimonianza di poco oculati restauri effettuati in epoche recenti, nascondono purtroppo buona parte delle pareti.
Sul lato sinistro dell’altere si può ammirare il quadro marmoreo raffigurante la Natività di Gesù, commissionato il 13 ottobre 1526 ad Antonello Gagini dal barone Giovanni Michele Spadafora, ma quasi totalmente eseguita da suo figlio Giacomo.
Il quadro marmoreo, secondo i dettami del barone Spadafora, doveva riprodurre quello scolpito dall’artista per l’altare maggiore della chiesa di Santa Cita a Palermo e rispondere esattamente a caratteristiche e tempi di lavorazione ben precisi, fissati dallo stesso barone, rispettando i quali il maestro avrebbe ricevuto, dopo un attento esame da parte di un fiduciario dello Spadafora, l’onorario fissato complessivamente in 45 once.
Clausole del contratto furono: la possibilità di rifiutare l’opera ed il diritto alla restituzione delle somme versate anticipatamente allo scultore qualora il barone Spatafora non ritenesse la scultura perfettamente idonea alle sue volontà; in caso contrario il diritto del Gagini a sovrintendere ai lavori di collocazione del quadro marmoreo nella chiesa Madre di Roccella oltre al rimborso delle spese di viaggio. Il lavoro non fu mai ultimato dal caposcuola Antonello Gagini; ma dopo la sua morte il figlio Giacomo assunse l’impegno di consegnare l’opera entro un tempo stabilito. Così il 30 aprile 1540 la scultura venne consegnata a Michele Scarcella, prete e procuratore del barone Michele Spadafora; quasi certamente lo stesso Giacomo Gagini, aiutato dal fratello Vincenzo, sovrintese alla collocazione dell’opera proprio dove adesso si trova.
Nella parte centrale del quadro marmoreo si possono ammirare scolpite in bassorilievo le figure centrali del tema della Natività: Gesù, Maria, Giuseppe, i pastori, gli angeli e in alto S. Nicolò Vescovo e S. Giovanni Battista.
Sulla parte inferiore si notano scolpite nel marmo lo stemma della famiglia Spadafora e quello territoriale.
La parte superiore termina a piramide: nel centro è raffigurato Dio che tiene il mondo in mano e lo benedice.
La Chiesa di S. Maria dell’Udienza si trova accanto al luogo ove un tempo si ergeva il castello. Fu costruita per volere degli Spatafora. In essa solitamente si venera, sin dai tempi lontani, una grande statua marmorea, Maria SS. Dell’Udienza, che raffigura la Vergine Maria che tiene amorevolmente in braccio Gesù Bambino con l’atteggiamento materno di chi ascolta, “dà udienza” ai suoi figli. L’opera è attribuita con molta probabilità ad Antonello Gagini. Anche sul piedistallo di questa statua sono stati scolpiti lo stemma degli Spadafora e quello territoriale.
A Maria SS. Dell’Udienza, patrona di Roccella, è dedicata la processione dl Ferragosto di cui diremo più avanti.
Attualmente, ma in via provvisoria, a causa di restauri in corso, la sacra effigie è ospitata nella Chiesa Madre.
La Chiesa del Carmine, nella quale si celebra il triduo di preghiera intorno al 16 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmelo, fu eretta verso la fine del XVIII secolo per volere del sacerdote Luigi Genovese sulle rovine del convento dei Pari Carmelitani. Adiacente alla Chiesa si trova il Cimitero la cui epoca di costruzione può evincersi dalla data della prima sepoltura, una bambina di otto mesi di nome Maria Catena Urso, in esso effettuata: 17 novembre 1877. Nei registri una scritta “sepulta fuit in camposanto”. Da cui la deduzione che precedentemente le sepolture, eccetto quelle dei bambini morti non battezzati e degli scomunicati che avvenivano fuori paese, erano effettuate nelle chiese. Nella Chiesa di S. Michele, ad esempio, a causa della presenza di numerose nicchie, si pensa che i morti fossero seppelliti in una posizione seduta che determinava la decomposizione per essiccamento.
La Chiesa del Calvario, molto piccola, sorge proprio sulla roccia omonima. E’ l’unica superstite di un gruppo, ormai inesistente, di tre chiesette rurali che includeva quella di S. Felice e dell’Isola.
Inoltre, anche se non si sa in quali epoche, furono costruite a Roccella altre due chiese, oggi scomparse: al posto ove anticamente sorgeva la Chiesa di S. Maria dell’Idria oggi c’è una casa, mentre la vecchia Chiesa di S. Sebastiano, cui è titolata la via, è l’attuale canonica.
I Palazzi
In Piazza Duomo, di fronte alla Chiesa Matrice, sorge il Palazzo Spadafora di cui non si conosce esattamente la data di costruzione e che quasi certamente fu dimora della nobile famiglia dopo la distruzione del castello. Al centro della porta principale si nota scolpito lo stemma di famiglia con incisa una data:1810. Attualmente il palazzo è abitazione privata.
Dell’antico Castello baronale, edificato su un promontorio proprio di fronte alla “rocca grande”, oggi non esiste più nulla.
Il Castello, la cui origine sembra debba farsi risalire ai saraceni, fu per secoli la dimora degli Spadafora. Fu per la posizione in cui si trovava, una solida fortezza e sembra che i numerosi passaggi, scoperti nelle sue adiacenze, mai esplorati costituissero uno dei punti di forza del castello considerato uno dei più inespugnabili della Sicilia. Tali passaggi, che mettevano in comunicazione il castello con la vasta zona boschiva (chiamata tutt’oggi Difesa) sarebbero serviti per la fuga in caso di necessità ai suoi abitanti nonché ai suoi sudditi che vivevano nell’agglomerato che andava sviluppandosi, con forma concentrica, intorno al castello stesso.
Feste e Tradizioni
La processione di S. Maria dell’Udienza.
Si svolge nei giorni di Ferragosto. La statua raffigurante la Vergine Maria con il Bambino Gesù in braccio (l’opera di Antonello Gagini di cui dianzi si è detto), che abitualmente risiede nella Chiesa di S. Maria dell’Udienza, la mattina del 14 agosto viene trasferita nella Chiesa Matrice, portata a spalla con una rudimentale portantina, chiamata “baiardu”, del peso di 7 quintali che vanno ad aggiungersi agli abituali 7 del fercolo.
Emozionante l’uscita del fercolo sopra il “baiardu attraverso la porta principale della Chiesa: gli uomini sono costretti ad abbassare quasi fino a terra 14 quintali di peso, costituiti dal fercolo e dal baiardu, per riportarli subito dopo ad altezza di spalla al grido di “e chiamamula, chi n’aiuta! Evviva la Vergine Maria”. All’uscita della statua, subito dopo il grido, la gente che sosta sul sagrato aveva l’abitudine di inginocchiarsi, ma ora questa tradizione va scomparendo. Il 15, nel tardo pomeriggio, la sacra immagine va in processione per la via principale del paese; durante il giro, quando giungono davanti alla chiesa del Carmine, situata vicino al Cimitero e dedicata alla Madonna del Carmelo, i portatori accostano uno degli assi del “baiardu” per tre volte alla porta della Chiesa, “a Madonna saluta a so soru”, cioè in segno di saluto secondo la Vergine Maria alla sorella, appunto la Madonna del Carmelo. Quindi, prima di rientrare in Chiesa, la statua sosta nella piazza Duomo “per accordare udienza ai suoi figli”. Qui i genitori presentano soprattutto i bambini piccoli e i neonati alla Madonna facendo baciare ai primi la statua e accostandovi la guancia dei secondi e offrendo qualche dono. Il 16 pomeriggio il fercolo viene riportato nella Chiesa di S. Maria dell’Udienza.
Manifestazioni
Dell’agosto Roccellese.
Cornice della processione di Ferragosto sono una serie di manifestazioni a carattere culturale e ricreativo promosse soprattutto per questi giorni ma che si svolgono anche lungo l’arco del mese: sono invitati uno o più cantanti; un gruppo teatrale si esibisce, secondo vecchie tradizioni, in piazza; sono organizzate serate, una marcialonga dedicata ai ragazzi ed una riservata agli adulti, l’albero della cuccagna, il gioco della pentolaccia, la corsa nei sacchi. La partecipazione è aperta a tutti.
La fiera del bestiame.
Si svolge il 13 agosto. L’origine storica della festa risale al 16 aprile 1463 quando Giacomo re di Sicilia, Aragona e valenza acconsentì alla richiesta fatta dal barone Francesco Statella di istituire un mercato per favorire gli scambi commerciali. I paesi limitrofi, per propri interessi, si opposero costantemente alla realizzazione della fiera: soprattutto la vicina Randazzo dove si svolgeva la fiera franca del 15 agosto, concessa con Regalo privilegio nel 1476. Per ovviare ai danni provocati dalla coesistenza di due fiere analoghe nel medesimo periodo il comune di Randazzo tentò ripetutamente nel tempo una mediazione col comune di Roccella, peraltro da questo mai accettata poiché la sua fiera fu concessa con Regale Privilegio antecedentemente a quella di Randazzo. Si ricorse ai tribunali i quali sancirono, a favore di Randazzo, che “nessun paese entro trenta miglia intorno potesse celebrare contemporaneamente altra fiera”. I Roccellesi risposero estendendo arbitrariamente il Regale Privilegio della loro fiera allargandola da fiera di “panneri e mercanzie varie” anche a fiera di bestiame. La questione si risolse alla fine del XVIII secolo a favore della fiera di Roccella, quando la fiera franca di Randazzo venne abolita e mai più ripristinata nonostante vari tentativi.
Ricordiamo, infine, la sagra delle Pesche, organizzata nel mese di settembre nella piana di Moio Alcantara, alla quale partecipa attivamente anche il comune di Roccella Valdemone con i suoi produttori. Durante la manifestazione è possibile gustare qualità di pesche considerate tra i prodotti più pregiati della specie in tutta la Sicilia.
Il clima e i dintorni.
“Dominata dai venti boreali, salubre è l’aria che vi si respira – citiamo ancora dal libro del dottor Luigi Genovese Camarda-; e te ne fanno prova la florida salute degli abitanti, tra i quali ti consola veramente l’incontrarne per le strade sani e vegeti diversi ottuagenari, parecchi che toccano il nonagesimo anno, e qualcuno che supera questa età” (tutt’oggi la longevità è peculiare dei roccellesi). “Il clima inclina al freddo… tre fonti perenne di acqua potabile stanno a comodo degli abitanti, una nella piazza che è in mezzo all’abitato, e le altre due alle parti opposte a settentrione e a mezzogiorno”.
Il territorio è percorso da un fiume, detto di Roccella, che è primaria fonte di irrigazione e che, attraverso tortuosi giri che danno luogo a cascate e gole, si riversa nell’Alcantara.
Tra le attrattive naturali di indubbia bellezza della zona segnaliamo: Le rocche di Palazzolo, uno degli itinerari più belli, gole scavate nelle rocce, di difficile accesso ma di irripetibile incanto offrono il loro fascino alla visita esterna del turista; Contrada Alberazzo dove è possibile ammirare i resti della lavorazione delle colonne monolitiche in pietra arenaria che si trovano nella Chiesa Matrice; sul versante del bosco di Malabotta, il colmo della rocca da cui si domina tutta la vallata dell’Alcantara e Pizzo Castelluzzu da dove si vede il mare sino a Taormina e dove si possono fare belle escursioni in macchina e a piedi; le gole e le cascate dell’Angara dei Piristeri, formate dal torrente Roccella a monte del paese lungo la strada comunale che porta in contrada Argimusco al confine col Comune di Montalbano Elicona.
Suggestivi anche gli itinerari che è possibile seguire partendo da Roccella: verso Floresta e Montalbano Elicona, la strada si snoda risalendo lungo il crinale della montagna in un panorama boschivo alternato a radure dove è possibile scorgere numerosi resti di antiche mura; verso Castiglione di Sicilia e Randazzo, la strada, curvilinea, corre tra agrumeti e uliveti.
Economia
E’ prevalentemente agricolo-pastorale. Cospicui sono l’allevamento bovino, ovino e suino. Numerose e varie le coltivazioni (uva, olive, nocciole, cereali in genere, ortaggi, alberi da frutto).

MINIGUIDA

Altezza sul mare: 813 m. s. M
Superficie: 40,98 Kmq.
Abitanti: circa 1100
Chiese: S. Nicolò (o Matrice), S. Maria dell’Udienza, Carmine, S. Michele, Calvario.
Feste: processione di S. Maria dell’Udienza (15 agosto); manifestazioni dell’AGOSTO ROCCELLESE.
Fiere: del bestiame (13 agosto).
Specialità: formaggi freschi e stagionati, provole, ricotte fresche, infornate, stagionate, nocciole, ottimo vino.

Come Arrivare
Dalla costa ionica la strada è più breve: (complessivamente 98 Km) Messina –Giardini da cui Roccella dista 35 Km circa; si sale verso Francavilla S., si prosegue per Moio Alcantara e, quindi, si arriva a Roccella. La strada, a curve, si snoda lungo l’Alcantara tra brulli rilievi alternati a lussureggianti colline.
Dalla costa tirrenica la strada è più lunga: Messina-Capo d’Orlando – Floresta – Roccella.
Oppure: Messina – Falcone, si sale verso Montalbano Elicona e si ridiscende lungo il crinale della montagna, per una quindicina di Km. sino a Roccella V.
Dove Mangiare

Filippo Briguglio

” Parentesi” Supplemento n.3 Luglio – agosto 1989

Il Presidente

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