Dossier: Dopo dieci anni è stata riaperta Villa Dante: Bella senz’anima. Ancora incerta la soluzione dei problemi di gestione…
di Filippo Briguglio (Foto di Nuccio Rubino)
Dieci anni fa, più o meno di questi tempi, iniziava l’affaire Villa Dante.
La storia (non volendo altrimenti definire questa trama, ricorrendo, magari, al gergo teatrale, in quanto incerti se collocarla tra le farse, le commedie o i drammi) è già nota a quella parte della pubblica opinione particolarmente attenta al problema. Per coloro che, invece, hanno mostrato finora scarso interesse nella vicenda, può essere condensata individuandone intanto (come in tutti i fatti storici di qualche rilevanza) i protagonisti: due fazioni in conflitto, l’amministrazione comunale da un parte e una eterogenea schiera di cittadini dall’altra. Eccone i momenti salienti.
Atto Primo.
L’amministrazione comunale rivolge le sue premurose attenzioni ad uno dei pochissimi beni ambientali della città, l’unico consistente patrimonio arboreo naturale di cui disponeva Messina, per risistemare e rendere agibile, come già prevedeva il Piano Regolatore Borzì del 1909, quella grande ed incolta fascia di verde pubblico che si estendeva tra il Gran Camposanto e Provinciale con i suoi 60.000 mq di verde e le sue centinaia di secolari alberi, percorsa dall’unica grande strada che attraversava tutta la città in senso longitudinale.
Come provvedere a ciò? Intanto stanziando a tal fine una cospicua fetta del patrimonio economico cittadino (il primo lotto dei lavori, appaltato per 700 milioni, riguardava solamente il rifacimento del fondo stradale!) per complessivi quattro miliardi (almeno inizialmente); quindi, elaborando un progetto di trasformazione che racchiudeva un susseguirsi di sbalorditivi elementi, senza alcun dubbio parto di una insospettata e perversa genialità (non volendo, bonariamente, appellarla altrimenti). Infatti, si prevedeva l’interruzione di quel caratteristico serpentone che si snodava da Piazza Castronovo a Provinciale, cui i cittadini, soprattutto i più anziani, erano particolarmente legati; la creazione, al suo posto, di un ampio senso rotatorio che evitasse, in qualche modo, all’emarginazione che ne sarebbe seguita per la parte sud della città, la zona Provinciale, considerata, dopo il viale S. Martino, la parte più commerciale della città; la falcidia indiscriminata dell’ingente patrimonio arboreo, in quel momento, certo, fastidiosamente incolto e socialmente inutile per lo stato di completo abbandono in cui versava, teatro soltanto di squallide attività, dal consumo di droga, all’esercizio del malaffare, ad improvvisati e fatiscenti mercatini.
Chi saranno i destinatari degli impianti? Come sarà organizzata la fruibilità delle strutture?
Ne parliamo con amministratori comunali e cittadini.
Punto centrale del progetto: la costruzione di un ampio anfiteatro atto ad ospitare ogni forma di spettacolo all’aperto, che colmasse, finalmente, una grave carenza cittadina. Ed il particolare che esso avrebbe occupato l’area contigua al Cimitero? Un dettaglio di trascurabile importanza per la fine sensibilità della classe politica della nostra città.
Atto Secondo.
Il progetto viene presentato pubblicamente attraverso la stampa. Insorgono in tanti: attraverso eterogenee forme di protesta e manifestazioni, i messinesi cercano di difendere uno degli ultimi baluardi della storia cittadina. C’è perfino chi si incatena ad un albero.
Si costituisce il Comitato per la tutela di Villa Dante, che attraverso appelli sottoscritti da cittadini (soprattutto quelli della zona interessata) cerca di arginare l’esordio devastatore dei lavori (vari alberi abbattuti, decine semi-sradicati, centinaia già condannati ad essere tagliati), chiedendone l’immediata sospensione e proponendo l’organizzazione di pubblici dibattiti tra amministratori-urbanisti e cittadini per discutere l’intero progetto.
Viene segnalata alle autorità competenti la mancata osservanza di quella fascia di rispetto prevista dalla norma che disciplina il sorgere di costruzioni nelle adiacenze di zone cimiteriali. Intervengono professionisti e studiosi. Da lontano, l’urbanista di fama interazionale Paolo Portoghesi esamina, in un articolo dall’umiliante titolo Incredibile progetto per stravolgere Messina, i riflessi negativi in termini materiali, morali ed economici derivanti dalla progettata ristrutturazione in siffatti termini della Villa Dante: dalla distruzione di oltre 700 alberi ad alto fusto di grande pregio, alla chiusura al libero godimento della popolazione di un’area che verrebbe limitata a pochi addetti ai lavori; dallo sconvolgimento urbanistico della città pesantemente e malamente tagliata in due, al pericolo incombente dell’emarginazione del popoloso quartiere di Provinciale. Segnerebbe anche il destino dei tredici artigiani che operano in uno dei fabbricali superstiti del terremoto, in difesa dei quali, più che per la questione urbanistica, interviene anche, con altre personali considerazioni, il proprietario della fattoria, principe Francesco Alliata di Villafranca, che chiede una conveniente sistemazione per loro.
Infine, interviene il pretore Romano, che emana un’esplicita ordinanza per l’immediata sospensione dei lavori, in quanto siffatto progetto di ristrutturazione della piazza Dante sembra “irregolare sotto il profilo amministrativo e forse anche illegittimo sono il profilo penale”.
Atto Terzo.
Superati i tanti ostacoli, si iniziano i lavori. E si giunge, dopo ben dieci anni dall’inizio della “quaestio”, all’attuale situazione frutto di compromesso: Villa Dante ha aperto i cancelli; tra lancio di palloncini, cerimonia ufficiale e discorsi di rito, essa è stata da qualche mese riconsegnata ai cittadini con il nuovo aspetto.
Adesso, incompleta e senz’anima, essa è là: scrupolosamente recintata in uno spazio che da un capo all’altro fronteggia il cimitero, custodisce al suo interno strutture inattive che senza dubbio sarebbero state molto apprezzate in qualsiasi altro luogo fossero state realizzate.
Nella Villa troneggiano, infatti, come solitarie cattedrali nel deserto, due piscine, una riservata (chissà quando) all’attività agonistica, l’altra con funzioni estetiche, animata da giochi d’acqua (acqua permettendo, considerate le note carenze idriche della città), tre campi da tennis, una palestra e, in fase di completamento, quattro campi per bocce ed una pista di pattinaggio; infine, l’anfiteatro semiellittico con 3690 posti.
Ed è questo l’aspetto sul quale ferma la sua attenzione il prof. Cesare La Rosa, che è stato il leader del Comitato per la tutela della Villa Dante, titolare di una libreria della zona adiacente:
«Questa realizzazione va al di là del palesato disprezzo verso il monumento di “messinesità” che Villa Dante, nella sua originaria concezione, rappresenta; ma offende radicati valori di culto religioso, comunemente diffusi, quale il rispetto per i defunti, e calpesta il dolore e la sofferenza altrui. È inconcepibile che una mente umana “normale” abbia creato una struttura dove magari si svolgerà una gara sportiva o una manifestazione canora, ad esempio, proprio mentre dall’altra parte della strada si svolgono le esequie di un caro estinto».
Inoltre resta ancora adesso senza risposta una questione di grande importanza: come sarà gestita Villa Dante?
Abbiamo rivolto la domanda ad alcuni eminenti rappresentanti della classe politica cittadina. Ecco le loro risposte.
Gino Ristagno, consigliere comunale socialista, ci ha dichiarato:
«La completa fruibilità, in tempi relativamente brevi che ripaghino i cittadini dei lunghi tempi di attesa durante la ristrutturazione della Villa Dante, è espressione dell’attuale volontà politica, in considerazione del principio promotore di tutta l’iniziativa stessa, cioè: verde pubblico ed attrezzato per supplire ad una grave carenza cittadina. La gestione deve essere svolta dall’amministrazione comunale, trattandosi di un patrimonio cittadino, pur decentrando talune mansioni ai Consigli di Quartiere (V e VI soprattutto, in quanto più direttamente coinvolti), ma è soprattutto legata alle specifiche competenze assessoriali; in particolare, le strutture sportive devono essere gestite dal competente assessorato allo sport.
Vi è qualche tentativo, a mio dire, improprio, tendente a delegittimazioni inaccettabili, che vorrebbe affidare la gestione di parte di queste strutture a federazioni sportive cittadine. Nulla togliendo alla validità dell’esistenza di queste società, non sembra che nei loro statuti vi sia qualche clausola che consenta la gestione di strutture che non siano state costruite in proprio. Ciò sembrerebbe infatti un tentativo di espropriazione istituzionale, in quanto il sindaco, unico garante, trasferisce agli assessori la delega a rappresentare l’amministrazione in ogni specifico settore. Al di là di questo problema reale, è necessario che vi siano degli operatori specifici capaci di far sì che Villa Dante non solo venga gestita, ma che ciò sia fatto bene. La gestione della Villa non sarà limitata, infatti, alla vigilanza, all’apertura ed alla chiusura dei cancelli, ma occorreranno custodi, giardinieri, tecnici di illuminazione e di impianti (ad esempio, per la manutenzione delle piscine, una delle quali sarà aperta al pubblico). Oltre a ciò, necessita la collaborazione del cittadino affinché, facendo appello al suo senso civico, un patrimonio che è di tutti non venga deturpato selvaggiamente e in modo vandalistico».
Angela Bottari, segretario del Partito Comunista Italiano di Messina, ci dice:
«Adesso che Villa Dante è stata restituita alla pubblica utilità, sono necessarie la massima attenzione e la massima cura da parte dell’amministrazione nella sua gestione. Villa Dante non può, infatti, essere affidata a gruppi che non la utilizzino in maniera aperta, come punto di riferimento della collettività, come spazio verde disponibile a tutti. C’è la preoccupazione profonda che essa possa essere gestita da gruppi nel solo proprio interesse. È necessaria e doverosa, soprattutto per riguardo a coloro che per anni ne hanno atteso la ristrutturazione e sono stati penalizzati da lavori protrattisi per tempi eccessivamente e vergognosamente lunghi, una gestione aperta e corretta, un controllo democratico della collettività sulla fruibilità da parte di tutti di un bene a disposizione della città».
Lillo Zaffino, consigliere comunale socialdemocratico:
«L’apertura di un’opera incompleta in cui gli impianti non sono omologati e taluni neanche terminati, impone una rapida soluzione del problema gestione. Fermo restando che la titolarità di essa resta all’amministrazione, l’attenzione deve essere immediatamente rivolta a trovare una forma di gestione che consenta di salvaguardare un patrimonio che, se trascurato, andrebbe deteriorandosi ancora prima di cominciare. Non siamo d’accordo sulla gestione di federazioni sportive, che non hanno la titolarità per poterlo fare, mentre non saremmo contrari, anche per rispondere ad una crescente domanda di occupazione, alla gestione da parte di una cooperativa di giovani che esplicasse compiti di vigilanza, custodia e nel contempo organizzazione dei servizi sportivi».
Nino Le Donne, vicesindaco e assessore all’urbanistica:
«Sul problema della gestione di Villa Dante, l’amministrazione comunale sta attentamente riflettendo. Per rendere questo spazio fruibile al cittadino bisogna animarlo, nel senso di non limitarlo alla sola attività sportiva riservata a pochi, rendendolo quindi asfittico, ma di attrezzarlo per l’uso di attività del tempo libero a largo respiro. A tal riguardo, non sembra possibile, almeno in questa fase, una gestione diretta del Comune, soprattutto per un problema di costi, mentre sarebbe possibile una forma di gestione di un bene pubblico attraverso la responsabilizzazione del privato. La Villa Dante avrà bisogno di servizi (bar, luoghi di ristoro): sarebbe auspicabile una forma di convenzione col Comune che consenta al privato la gestione attraverso la corresponsione di un servizio e non di un pagamento. Ciò eviterebbe anche la lottizzazione tra pochi addetti ai lavori. Al di sopra di tutto, comunque, è importante formulare un regolamento selettivo che non lasci arbitrio alla gestione. Importante è poi, qualunque possa essere la modalità di gestione della Villa che andremo a definire, che il cittadino per primo si educhi a fruire di uno spazio verde, bene comune che, comunque, costa molti sacrifici riuscire a mantenere, anche per motivi di carattere naturale, data la posizione geografica della città».
Enzo Colavecchio, ambientalista:
«Con la Villa Dante così ristrutturata, Messina non ha guadagnato nuovo verde, ma ha riavuto, peraltro dopo lunghissimo tempo durante il quale il cittadino è stato privato della sua fruizione, la stessa quantità di verde attrezzato con impianti sportivi. Ciò crea alcuni problemi: intanto di gestione, data la complessità delle strutture costruite, quindi di fruibilità da parte di tutti e di recupero come patrimonio cittadino di una parte della città che, nella vecchia accezione, era l’immagine culturale di un’epoca di cui si è ritenuto di potere fare a meno».
In conclusione la Villa, dopo lo scempio fattone per arrivare ad una sistemazione ancora oggi precaria ed incompleta, al di là delle belle frasi, delle belle parole e delle idee, riuscirà alfine a trovare una ben definita utilità che ripaghi i cittadini dei lunghi anni di attesa e dello sperpero del denaro pubblico?
Filippo Briguglio
(Anno I n.1 – Marzo/Aprile1989
(1719)